• Il Sindaco di Pistoia

Un caro saluto, non un addio.

Tra pochi giorni cesserò l’incarico di Sindaco, dopo dieci anni alla guida del Comune di Pistoia.

10 anni intensi, ricchi dei risultati descritti in questo blog, che hanno consentito alla città di crescere, di acquisire una dimensione più moderna, europea, che hanno consentito di contrastare meglio che in altri luoghi le sempre più gravi difficoltà dell’economia.

Credo che dovremmo esserne consapevoli, così come lo sono i tanti cittadini che in questi giorni ho incontrato per strada e che mi hanno voluto esprimere il loro sincero ringraziamento.

A loro ho detto che probabilmente la ragione maggiore di un bagaglio così consistente di risultati sta nel fatto di aver concepito nel governo della città la vera e unica missione.

Potrebbe apparire banale, ma così non è.

Decidere infatti costa. Ogni scelta ha infatti un corrispettivo problematico e oggi più che mai le trombe della scontentezza risuonano feroci e trovano echi compiacenti.

Troppe volte la politica se ne spaventa e preferisce riporre nel cassetto i buoni propositi.

Anche perché la sua sempre più evidente debolezza raramente trova supporto nei cosiddetti corpi intermedi della società, spesso più portati a tutelare le rendite di posizione che a contribuire alla sintesi.

Ne deriva un immobilismo pernicioso, del tutto anacronistico nell’era del villaggio globale: le conseguenze non possono essere infatti che quelle della marginalità.

Sono perciò orgoglioso di non aver riposto le cose nel cassetto e di poter consegnare dopo 10 anni ai miei cittadini una Pistoia più vivace, più attraente, un punto di riferimento per chi ci guarda da fuori.

Desidero ringraziarli e ringraziare soprattutto coloro che hanno dato una mano, in modo diverso, a partire dai miei più diretti collaboratori.

E sento il debito di una risposta che in qualche occasione anche pubblica ho già dato ma che non è percepita da tutti, visto che sono oggetto di continue sollecitazioni in proposito.

Una risposta su cosa mi attende ora, su quali sono i miei desideri, le mie intenzioni.

Da sempre mi sono dichiarato nemico del carrierismo e fautore di una politica compatibile con la vita normale, in cui l’impegno non equivalga necessariamente alla rinuncia al proprio lavoro, alla propria famiglia, ai propri interessi.

Il modo migliore per restituirla all’indipendenza del giudizio (scegliere ciò che si ritiene più giusto e non più conveniente per sé), ad una partecipazione diffusa che la sottragga all’asfissia degli addetti ai lavori.

Una politica che faccia meno surf sui mass media e si occupi meno di sondaggi.

Che sia capace di analizzare i problemi per studiarne le soluzioni senza l’immediata necessità di una risonanza mediatica.

Una politica affollata che sia capace di scegliere i migliori in modo onesto e trasparente.

Una politica nella quale l’autocandidatura sia l’eccezione e non la regola / preludio per il festival delle ambizioni sfrenate.

Su questi presupposti, le mie volontà future non possono che essere chiare.

Tornerò a tempo pieno alla mia attività di medico pubblico, mi riapproprierò di tempi e spazi di vita migliori di quelli parossistici di questi 10 anni, continuerò certamente a fare politica non perché candidato a qualsivoglia incarico, ma perché la politica è per me una passione e una storia ormai lunga.

E’ con questo spirito, sereno e positivo, che mi appresto ad affrontare quest’altro tornante della mia vita.

Un caro saluto, non un addio…

Renzo Berti

10 anni fa Pistoia…

 

10annifa il centro di Pistoia alle 9 di sera era deserto e i nostri ragazzi andavano a Firenze per divertirsi.

Oggi è pieno di giovani, a partire dai nostri che accolgono i coetanei di altre città.

 

10annifa per fare la tangenziale sud ci volevano 20 minuti, con 3 semafori e file lunghissime.

Oggi i semafori non ci sono più e bastano 5 minuti.

 

10annifa i ragazzi in biblioteca Forteguerriana stavano stretti e in silenzio.

Oggi socializzano alla biblioteca San Giorgio (1,5 milioni di ingressi in neppure 5 anni).

 

10annifa i ristoranti in centro erano 5.

Oggi ne abbiamo contati 16.

 

10annifa le liste d’attesa per gli asili nido erano lunghe.

Oggi ci sono 100 posti in più.

 

10annifa i disabili non avevano un luogo dove fare esperienze.

Oggi c’è la Fabbrica delle Emozioni.

 

10annifa per i gruppi musicali pistoiesi era difficile trovare un luogo dove suonare.

Oggi c’è il Melos.

 

10annifa c’era solo un teatro, il Manzoni.

Oggi c’è anche il Teatro Bolognini.

 

10annifa l’Università era frammentata qua e là e proponeva corsi doppioni di Firenze.

Oggi ha una splendida sede ed è divenuta polare e la frequentano studenti di altre città.

 

10annifa Le Fornaci erano un quartiere degradato.

Oggi sono state interamente riqualificate.

 

10annifa si continuava a parlare della necessità di un nuovo ospedale e dei problemi del vecchio.

Oggi sta per aprire quello nuovo.

 

10annifa nelle aree ex Breda c’erano soprattutto macerie.

Oggi è il quartiere San Giorgio, con una piazza coperta, la biblioteca, l’università, un grande albergo – centro congressi, le nuove sedi di Questura e Prefettura.

 

10annifa Pistoia aveva 4 porte d’accesso.

Oggi c’è Porta Nuova.

 

10annifa gli alberghi erano 3 e i turisti rari.

Oggi solo quelli in centro sono 10 e arrivano visitatori da tutto il mondo.

 

10annifa le rotonde praticamente non esistevano.

Oggi ce ne sono ben 25.

 

10annifa c’erano poche palestre.

Oggi ce ne sono 3 in più, a Bottegone, alle Fornaci e in via Pertini.

 

10annifa in caso di siccità eravamo tra i primi a soffrire.

Oggi con l’autostrada dell’acqua ed il nuovo bacino di Gello in arrivo siamo sempre più autosufficienti.

 

10annifa le zone collinari erano spopolate.

Oggi è difficile trovare una casa libera e sono stati realizzati 26 nuovi parcheggi.

 

10annifa i bus passavano dal Globo.

Oggi c’è una grande area pedonale.

 

10annifa non esistevano parcheggi in struttura.

Oggi c’è il San Giorgio coi suoi tre piani e 270 posti.

 

10annifa erano dodici anni non venivano realizzate scuole.

Oggi ce ne sono 4 nuove (l’asilo nido in via dei Salici, la scuola d’infanzia a Bonelle, le elementari di Spazzavento e via Fattori) e altre 2 in arrivo (asilo nido in via Cavallerizza e scuola elementare alle Fornaci).

 

10annifa al semaforo della Vergine c’erano lunghe file.

Oggi si scorre intorno ad una splendida area a verde.

 

10annifa gli anziani non autosufficienti per farsi accompagnare potevano rivolgersi solo alle famiglie.

Oggi c’è il nonno bus.

 

10annifa c’era solo una residenza per non autosufficienti, il malandato Villone Puccini.

Oggi il Villone è stato interamente rifatto ed è stata aperta una nuova struttura a Bonelle.

 

10annifa si buttava tutto nei sacchetti di spazzatura.

Oggi si fa la raccolta differenziata.

 

10annifa Monteoliveto era soprattutto un luogo malfamato.

Oggi è un parco per famiglie e bambini.

 

10annifa il Boario/Frascari era un deserto di polvere con spogliatoi fatiscenti.

Oggi è un campo sportivo d’eccellenza.

 

10annifa il Comune aveva 900 dipendenti e 21 dirigenti.

Oggi i dirigenti sono 14 e i dipendenti 100 in meno.

 

10annifa il capannone della “cattedrale” all’ex Breda era pieno di rovi.

Oggi è un bellissimo luogo di iniziativa e d’incontro.

 

10annifa per segnalare un problema si ammattiva al telefono.

Oggi c’è pronto cantiere che ha risposto al 90% delle richieste in tre giorni.

 

10annifa eravamo celebri per il festival Blues.

Oggi c’è anche Dialoghi sull’uomo e il Festival del Medioevo.

 

10annifa l’acqua minerale si comprava in bottiglia.

Oggi è gratuita alle fontanelle.

 

10annifa si parlava di asse dei vivai e di un nuovo casello autostradale.

Oggi l’asse dei vivai ha un primo tratto e c’è l’accordo per il casello di Pistoia est.

 

10annifa la presenza dell’arte contemporanea era già importante.

Oggi c’è in più il padiglione di emodialisi, il Fabroni restaurato, Anselm Kiefer alla San Giorgio.

 

10annifa le imprese reclamavano certezze.

Oggi c’è la carta dei loro servizi e diritti.

 

10 anni per Pistoia. Vi invito alla mostra.

Il nuovo Boario è quasi pronto.

A breve il campo di calcio Frascari potrà essere di nuovo utilizzato dalle società sportive.  L’impianto sportivo Frascari è un’istituzione del calcio pistoiese: il “Boario”, come lo chiamano molti dei suoi frequentatori, ospita ogni anno centinaia di partite che vedono impegnati oltre mille giocatori. Stamani ho fatto un sopralluogo sul cantiere insieme all’assessore allo sport Mario Tuci e al presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia Ivano Paci. I lavori sono quasi finiti. Il campo sportivo adesso ha un manto erboso artificiale. Il vecchio terreno da gioco che ha ospitato migliaia di partite è stato riconvertito in erba sintetica di ultima generazione. L’intervento è costato 480mila euro di cui 150 mila stanziati dal Comune, 250mila dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia e 80mila dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena.

Siamo in attesa dell’ultimo sopralluogo della lega nazionale dilettanti (Lnd). Dopo le verifiche l’associazione potrà rilasciare i documenti per l’omologazione del campo.

Grazie agli interventi il terreno di gioco potrà essere praticato tutti i giorni, al di là delle condizioni atmosferiche e dei problemi che scaturiscono da un utilizzo eccessivo. Oltre alle recinzioni è stato anche realizzato un impianto di irrigazione per rendere più agevole il lavaggio della superficie, un nuovo sistema di drenaggio delle acque superficiali, una nuova risagomatura e livellamento del terreno di gioco. Il campo è stato inoltre dotato di attrezzature di gioco nuove. L’intervento si pone in continuità con quello precedente realizzato tra il 2002 e il 2003 quando furono ampliati gli spogliatoi, ristrutturati quelli esistenti e costruita una piccola tribunetta metallica da cinquanta posti a sedere.

Sbatti il mostro in prima pagina

Prendo spunto da questo vecchio (e splendido) film di Marco Bellocchio per descrivere la sensazione che ho provato martedì, scorrendo le pagine pistoiesi de Il Tirreno.

Anzi, a dire il vero, il primo brivido l’ho provato quando a inizio mattina mi sono imbattuto nella civetta di quel giornale che, come primo titolo e quindi a caratteri cubitali, riportava la notizia del mio aumento di stipendio di medico ASL pari addirittura al 30%.

Una novità assoluta, anche per me. Mi sono quindi precipitato a comprendere le ragioni di quella roboante affermazione e mi sono imbattuto in un classico esempio di cialtroneria giornalistica.

Infatti, come correttamente precisato ieri dallo stesso quotidiano, il clamoroso aumento dipendeva semplicemente dal fatto che, avendo ripreso l’attività di medico dall’aprile del 2009, in quell’anno ero stato pagato per 9 mesi, contrariamente al successivo dove ho percepito lo stipendio per l’intero anno.

Ho quindi apprezzato la smentita e le scuse, ma come al solito il danno fatto non può essere così riparato.

Temo, infatti, che molti cittadini abbiano letto la locandina di ieri e non la smentita di oggi.

Temo che in un periodo in cui si chiedono a tutti sacrifici sia stata fin troppo facile l’indignazione o l’ironia.

Temo che, com’è tipico nel nostro Paese, colpiscano soprattutto le cifre lorde, corrispondenti per un reddito come il mio a circa il doppio di quelle effettive e non ci si interroghi invece mai sulla attendibilità dei redditi dichiarati anche da molti politici non dipendenti, la cui scarsissima entità mi ha sempre impressionato.

Temo che, ancora una volta, abbia agito la macchina del fango, come nel caso del Cip e Ciop quando è stato sparato in prima pagina in tutta Italia il fatto che fossi stato iscritto nel registro degli indagati mentre non è apparso in modo altrettanto evidente che lo stesso Gip che mi aveva iscritto ha proposto l’archiviazione.

Sangue, soldi e sesso, questo fa notizia.

E quando la notizia non c’è, come in questo caso, e siamo di fronte alla superficialità di un giornalista, chi ci rimette? Mica chi ha fatto l’errore. Ci rimette chi viene additato ed esposto ad un giudizio.

Ovviamente le speculazioni non si sono fatte attendere.

Ne è prova il fatto che si è subito scatenato il chiacchiericcio del quale danno sfoggio pubblico i soliti noti, a partire dalla coppia FLI Bartolomei e Barbarito.

I quali tornano a riproporre il solito tormentone di un presunto conflitto di interessi, visto che svolgo le funzioni di presidente della conferenza provinciale dei sindaci e faccio persino parte di una sorta di sodalizio sanitario/mafioso che annovera nelle sue fila il capogruppo PD Luciano Mazzieri (anch’egli dipendente ASL) e l’assessore alle politiche sociali Paolo Lattari (che ha il torto di essere un medico di medicina generale).

Poco importa che a suo tempo annunciai pubblicamente e anticipatamente la mia decisione di riprendere l’attività professionale.

Poco importa se in tanti, anche dei partiti di opposizione, si complimentarono per tale scelta.

Poco importa che, come più volte rappresentato, la situazione sia perfettamente in regola con la normativa vigente e che pertanto non sussista alcuna incompatibilità.

Poco importa che il ruolo di Presidente della Conferenza dei Sindaci mi sia stato attribuito all’unanimità da parte dei sindaci della Provincia tra i quali figurano esponenti di quel centro destra lungamente rappresentato da Bartolomei in Consiglio Comunale.

Poco importa che la Direzione della ASL non sia subordinata alla Conferenza dei Sindaci ma dipenda dalla Regione.

Poco importa che in questi anni 10 anni non sia mai stato sollevato un solo caso nel quale si sia potuto anche soltanto ipotizzare una mia gestione condizionata o inadeguata del ruolo.

Poco importa che i suddetti consiglieri utilizzino strumentalmente questo armamentario per sfuggire da sempre ad ogni seria analisi e proposta in merito all’attività sanitaria.

Ciò che conta, visto che le elezioni si avvicinano, è sollevare il polverone per stimolare facili polemiche e speculazioni.

Il solito tentativo di occupare la scena a prescindere dalla capacità di stare sui contenuti.

Preferirei invece molto di più che il confronto, anche aspro, avvenisse su quel terreno, ma mi rendo conto che è più difficile, perché presuppone capacità di proporre e magari anche un po’ più di coerenza.

Resta infine un ultimo e delicato aspetto. Ed è proprio quello del conflitto di interessi.

Un tema che questo nostro Paese conosce purtroppo assai bene.

E riguarda il caso di chi si adopera per trarre vantaggi personali del ruolo pubblico.

A me posso assicurare che non è mai accaduto. Ma è davvero così per tutti?

La vera storia del nuovo ospedale di Pistoia

La scelta di collocare l’ospedale nell’area dell’ex campo di volo è stata probabilmente la decisione più difficile della mia esperienza amministrativa.

Ricordo quando, dopo aver lanciato il progetto di un nuovo ospedale per Pistoia come unica strada per risolvere le gravi incongruenze strutturali del Ceppo e consentire un’assistenza davvero qualificata ai nostri cittadini, ci trovammo a fare i conti con le problematiche economiche e urbanistiche per la sua collocazione.

La prima questione venne risolta grazie ad un patto forte conla RegioneToscanaed in particolare con l’allora assessore Enrico Rossi: Pistoia nell’estate del 2002 agganciò così il treno in corsa del project financing per i nuovi ospedali della Toscana.

Dovevamo però fare presto a scegliere il sito e ci trovammo di fronte ad una pianificazione urbanistica che non contemplava questa previsione.

Decidemmo così di incaricarela FondazioneMichelucci, come soggetto di riconosciuta autorevolezza in materia e al di fuori dai giochi locali.

La FondazioneMicheluccidopo un lavoro di approfondimento di un paio di mesi indicò alcuni possibili siti ma espresse la propria preferenza per quello dell’ex campo di volo, un’area ai margini della rete urbana, scarsamente utilizzata (ha saltuariamente ospitato per diversi anni il Luna Park e i circhi) e piuttosto degradata.

A suo favore il fatto di essere interamente pubblica e di facile accesso sia dall’interno che dall’esterno della città.

A suo sfavore stare all’interno delle cosiddette mura verdi ovvero della fascia che il piano strutturale da poco varato aveva individuato come limite di contenimento alla crescita della città.

Partì il dibattito nel quale emersero altre proposte alternative, ma ancor più il gioco alla meno di chi si preoccupava soltanto di denunciare i limiti di qualsivoglia collocazione, con un chiaro intento di sabotaggio politico finalizzato a far fallire il progetto, a prescindere dalle dolorosissime conseguenze per i cittadini.

Ci fu anche chi avanzò la folle proposta di ricostruire l’ospedale dove sorge l’attuale. Forse inconsapevole della insostenibilità di un cantiere di quell’entità e durata insieme all’attività di assistenza. A meno che non si pensasse di trasferire i degenti per 4 o 5 anni un un’altra città!

Tra le altre, rammento quella di Alessio Bartolomei, allora capogruppo di Forza Italia, che suggerì le ex Breda, opzione che, oltre a mandare all’aria tutta la programmazione faticosamente prodotta su quell’area, si rivelò incompatibile da vari punti di vista, a partire dall’indisponibilità di una sufficiente superficie.

E quella di Alessandro Capecchi, allora capogruppo di Alleanza Nazionale, che indicò l’attuale area della Caserma Marini, cosa che, stante il persistente insediamento dell’esercito, apparve più un diversivo politico che una proposta convinta.

Soprattutto si faceva strada la teoria di una soluzione che non comportasse il consumo di nuovo territorio. Un’opzione tanto suggestiva e idealmente condivisibile quanto poco realistica: dove e come sarebbe mai stato possibile collocare un volume così grande senza consumare territorio?

Su questa base si sviluppò comunque un forte campagna di contrasto politico che trovava alimento in una precoce  insoddisfazione per la nuova esperienza amministrativa da me guidata, che pareva volersi affrancare da ogni padrinaggio privilegiando la realizzazione degli obiettivi programmatici al piccolo cabotaggio della politica, senza curarsi di accontentare questo o quello secondo la classica logica della spartizione del potere.

E la possibilità, che stava subito concretizzandosi, di realizzare nientepopodimeno quel nuovo ospedale che come un fiume carsico era periodicamente riemerso nel dibattito politico degli ultimi decenni, dava evidentemente fastidio a diversi.

La campagna contro montò così, utilizzando senza pudore contenuti assurdi e persino diffamatori: si sarebbe trattato di una grande speculazione edilizia (su un’area pubblica, sigh!), avremmo compromesso l’attingimento idrico dai pozzi (che resteranno poi intonsi), si creavano le premesse per un disastro geologico legato a prossime esondazioni dell’Ombrone, ecc., ecc.

In quei tempi vidi persino distribuire un volantino nel quale si parlava del prossimo trasferimento dei nomadi (già presenti in una zona limitrofa all’ex campo di volo), nel quartiere di Montesecco: un vero e proprio terrorismo psicologico!

Ed il guaio era che la campagna non muoveva soltanto dalle forze di opposizione ma trovava adepti nella sinistra e nelle stesse fila della maggioranza larga che abbracciava allora Democratici di Sinistra, Margherita, Rifondazione Comunista, Comunisti Italiani, Verdi e Socialisti.

Pensai allora fosse necessario fare ogni sforzo per recuperare un punto d’intesa. E, riservatamente, commissionai ai tecnici dell’Amministrazione uno studio per la valutazione di siti alternativi.

Ne venne sostanzialmente individuato uno soltanto, considerato che l’area Pallavicini da taluni sponsorizzata (probabilmente per mandare all’aria la pianificazione già definita dalla Giunta del mio predecessore Scarpetti) presentava diverse problematiche (geologiche, di impatto sulla viabilità) e (udite, udite!) trattandosi di proprietà privata avrebbe comportato l’esborso di parecchi quattrini da parte pubblica.

Il sito alternativo ipotizzato era quello dell’attuale centro annonario.

Ne avrebbe comportato lo smantellamento (con qualche rischio, considerato che a suo tempo era stato finanziato con fondi europei), ma avrebbe risparmiato territorio, ridotto i costi di urbanizzazione e non sconfessato l’opzione urbanistica di fondo della collocazione dell’ospedale nella zona sud della città.

Dopo aver ottenuto un avvallo verbale da parte del SIOR (il consorzio delle A.USL che gestiva d’intesa conla Regioneil project per i 4 nuovi ospedali), lanciai così la proposta, che però riaprì solo in parte la discussione: molti dei feroci oppositori dell’ex campo di volo rimasero tali o attenuarono soltanto un po’ le rimostranze.

La cosa mi deluse parecchio, ma avremmo comunque potuto procedere se non fosse subentrato un serio ostacolo.

La Regione, contraddicendo l’iniziale placet del SIOR, ci informò che il cambiamento post gara del sito avrebbe potuto creare gravi difficoltà nella legittimità dell’affidamento.

Nel frattempo infatti, su quel piano parallelo, era nato un conflitto tremendo a seguito dell’esito del project che aveva visto prevalere il raggruppamento di imprese romano, capitanato da Astaldi, contro quello toscano.

Ne scaturì una serie interminabile di ricorsi giudiziari, in sede amministrativa e persino procedimenti penali, che nel loro protrarsi hanno determinato gravi ritardi nell’iter di realizzazione.

Dopo un confronto giuridico coi tecnici del Ministero e della Regione, ci trovammo di fronte ad un’alternativa: andare avanti sull’area del centro annonario assumendocene ogni rischio e conseguenza (che sarebbe andata anche al di là dei nostri confini, essendo la gara unica per tutti e quattro gli ospedali) oppure tornare all’indicazione riportata nel bando di gara e cioè nell’area dell’ex campo di volo.

Pensai di provare a rovesciare la situazione a favore della città e quindi chiesi al Presidente della Regione Martini e all’assessore Rossi di rafforzare la mia forza di persuasione con l’argomento convincente di garantirmi le risorse per gli interventi di urbanizzazione e di adeguamento dell’area.

Ne ottenni un “assegno” da 10 milioni di €, con il quale avremmo potuto sistemare tutta l’area senza attingere al nostro bilancio, e con questo ritornai a Pistoia per ottenere il nulla osta della maggioranza e poi dal Consiglio Comunale.

Ricordo che ne parlai agli assessori di riferimento delle forze alleate più riottose, Giovanni Capecchi dei Verdi, Stefano Cristiano di Rifondazione Comunista e Rosanna Moroni dei Comunisti Italiani. Spiegai loro che a quel punto c’era una sola strada e chiesi loro una mano per convincere i gruppi di rispettivo riferimento che apparivano i più recalcitranti.

Il boccone alla fine fu digerito, con diversi mal di pancia e l’opposizione irriducibile dei Verdi che arrivarono al fatto inaudito di promuovere, insieme a Forza Italia e Alleanza Nazionale, un ricorso al TAR.

Quando lo seppi rimasi sbigottito. Non riuscivo a capacitarmi che una forza dell’alleanza che mi appoggiava, dopo lo conclusione di una vicenda così importante e delicata, nel quale aveva manifestato un dissenso grave che era stato tuttavia accettato, ritenesse persino di adire le vie legali per tentare insieme alle forze di opposizione di bloccare un progetto fondamentale per la città e centrale nel mio programma di governo.

Mi trovavo a Firenze a una riunione con altri Sindaci. Chiamai Giovanni Capecchi al telefono per chiedergli se ne era a conoscenza.

Mi rispose di sì e mi risentii molto perché non aveva sentito il bisogno di informarmene. Era evidente che era venuto meno il rapporto di fiducia.

Ero amareggiato e deluso, ma non avevo altra strada che rimuoverlo dall’incarico nell’attesa / auspicio di un ripensamento.

Stimavo Giovanni, avevo visto la sua sofferenza quando si era trovato ad essere bersagliato dal suo predecessore e compagno di partito Fusari. Lo avevo difeso anche da esponenti autorevoli del mio partito che giudicavano negativo il suo operato.

Speravo in un suo gesto di orgoglio. Che però non venne.

I Verdi passarono all’opposizione, arrivando a sconfessare platealmente diverse delle scelte condivise nelle precedenti esperienze di Giunta, dalla pianificazione urbanistica (ricordo ancora la surreale conferenza stampa sul viale Adua in cui Fusari protestava contro le scelte che da assessore aveva appoggiato), ai servizi pubblici locali.

Il resto è storia recente. L’ospedale sta sorgendo, sarà il primo dei quattro ad essere concluso, a metà circa del 2012, e diventerà operativo l’anno successivo.

Si tratta di una struttura straordinaria da molteplici punti di vista: i requisiti tecnologici, la potenzialità di degenza e soprattutto operatoria, la compattezza che faciliterà l’integrazione professionale, il comfort, l’accessibilità.

Nel frattempo abbiamo varato un progetto che coerentemente con gli impegni assunti prevede che tutta l’area circostante sia riqualificata a verde: un grande parco con al centro un fior di ospedale!

Credo anche che, se non avessimo centrato questo obiettivo, Pistoia avrebbe probabilmente perso il proprio ospedale, perché difficilmente il vecchio Ceppo avrebbe potuto reggere la “concorrenza” dei nuovi vicinissimi presidi di Empoli, Prato e Lucca.

I Verdi/Arcobaleno con Giovanni Capecchi candidato sindaco hanno fieramente contrastato la mia rielezione nel 2007, costringendomi al ballottaggio contro il candidato del centro destra.

Ottennero 3 consiglieri. Tra cui ovviamente Capecchi che dopo pochi mesi si è dimesso per dedicarsi alle sue faccende, facendo così spazio a Fabrizio Geri che nel frattempo ha aderito a SEL.

I Verdi sono ora riconfluiti nell’alleanza di centro sinistra che, con il nuovo candidato Sindaco scelto alle primarie del 29 gennaio, si proporrà agli elettori del Comune di Pistoia nella prossima primavera e che assomiglia molto (salvo la diversità delle sigle) a quella della mia prima esperienza del 2002.

Faccio a tutti un convinto in bocca al lupo, con la raccomandazione di lavorare al meglio per il bene della città, senza aver timore del cambiamento e dell’innovazione.

Come ho detto nel saluto di Natale, in questi anni Pistoia ha abbassato il ponte levatoio. Sarebbe un grave errore pensare di rialzarlo.

I miei auguri nel segno nella fiducia e della speranza.

Autorità, rappresentanti delle istituzioni civili e religiose, delle diverse realtà aggregative e delle comunità straniere, cari cittadini, benvenuti nella cattedrale laica di Pistoia.

Il vecchio, maestoso capannone 31 della San Giorgio, teatro dello sforzo operaio pistoiese, orami recuperato, anche grazie al contributo della Regione Toscana e della Fondazione della Cassa di Risparmio di Pistoia e Pescia, all’utilità cittadina.

La scelta di svolgere in questa sede il saluto di fine d’anno, spostandolo perla prima voltadalla Sala Maggiore, non vuole anticiparne l’inaugurazione che faremo comunque a breve, ma ha innanzitutto un significato simbolico, di ponte tra passato e futuro che spero possiate apprezzare, ringraziandovi intanto per aver accolto così numerosi l’invito a questo che è il mio ultimo saluto da Sindaco.

E che mi dà, l’occasione di poter, sia pur brevemente, proporre alla vostra attenzione alcuni spunti di una riflessione generale che prende spunto dal tempo, il suo significato, il suo esserela risorsa piùpreziosa di cui disponiamo.

Il tempo, lo spazio del tempo, declinato non al singolare ma intorno all’esperienza di vita collettiva, DI una comunità, nelle sue diverse direttrici d’impegno.

Un tema quindi che ci tocca da vicino e sollecita in particolare chi sceglie di impegnarsi attivamente nella società.

Un tempo che vorremmo sufficientemente lungo da consentirci di soddisfare le nostre umane ambizioni.

Un tempo che dovremmo essere capaci di dilatare retrospettivamente, per agganciarci alla memoria che sfugge E nella sua proiezione futura, in uno sforzo di lungimiranza.

Certo, non per sottrarci al quotidiano, con il suo carico di preoccupazioni e di urgenze, ma per proiettarlo in una cornice diversa che renda i nostri sforzi più efficaci e soprattutto più riflettuti e consapevoli , quale antidoto al carpe diem sempre più in voga.

Ci troviamo infatti schiacciati nella dimensione del contingente che finisce spesso per assorbire tutte le nostre risorse.

E’ come se all’ampliamento degli orizzonti provocato dalla globalizzazione avesse corrisposto, per una strana formula geometrica, una compressione delle prospettive: una sorta di rombo che si allarga in orizzontale e vede schiacciarsi i suoi poli.

Un fatto che ci dice dell’esigenza di recuperare una dimensione profonda, il senso, per così dire, longitudinale delle cose.

In modo da rafforzare le ancore della memoria, non come pretesto di nostalgia o, peggio, di conservazione, ma come strumento di conoscenza.

Ed al fine di adoperare questa recuperata consapevolezza in proiezione futura, per costruire il domani e per alimentare quella fiducia e quella speranza che ne costituiscono i presupposti positivi, oggi purtroppo carenti in una fase come questa, dove per tanti, per troppi,la preoccupazione assumele sembianze dello spavento.

Personalmente credo che ciò sia possibile.

Sono infatti convinto che ci troviamo alla fine di un ciclo, forse all’ultima spirale di una discesa vorticosa, che non ha solo creato disastri economici e divaricato le fasce sociali, ma ha messo a nudo una distanza così grave tra forma e sostanza, tra diritti e doveri, da aver molto indebolitola democraziarappresentativa.

Ma, ripeto, sono convinto che stiamo per iniziarela risalita.

Certo, non sarà facile, non sarà indolore, ma saremo capaci di ritrovare il senso di appartenenza smarrito, di recuperare una reale solidarietà collettiva.

Saremo capaci di Rimuovere le incrostazioni che affaticano il sistema Paese.

Ritroveremo la strada per un nuovo sviluppo, che sia capace di coniugare diritti e ragione d’impresa.

Sapremo ricostruire una politica nuovamente attenta ai bisogni, impegnata a risolverli , non più ripiegata in sé stessa, ma proiettata in avanti, davvero interessata alle necessità generali.

Un auspicio che, tuttavia, ha come presupposto non l’attesa ma l’impegno, la disponibilità a rimboccarsi le maniche e, sul piano istituzionale,la valorizzazionedelleautonomie locali al posto del federalismo alla rovescia sperimentato in questi anni.

Questo edificio vuole, come detto, essere oggi il simbolo e occasione per questo tentativo.

Ho accennato alla sua storia di pezzo di fabbrica, luogo dell’emancipazione industriale pistoiese, luogo di fatica, di sofferenza e di orgoglio.

Una storia che ci inorgoglisce ed ancora appassiona e ci sprona al massimo sforzo, alla più alta determinazione affinché AnsaldoBreda possa finalmente recuperare lo slancio perduto, torni ad essere punto di forza dell’economia industriale del nostro paese.

Ne avete potuto vedere alcuni scorsi nelle belle immagini di Lorenzo Gori.

Ma voglio anche dirvi delle potenzialità future di questo grande volume, privo di etichette ed aperto perciò all’intraprendenza, allo spirito e alla capacità d’iniziativa di ogni attore sociale.

Un’opportunità impegnativa, una sfida che vuole sollecitare il protagonismo, la nostra capacità di azione in antitesi al fatalismo rammaricato in cui troppo spesso indulgiamo: c’èla crisi, le cose non vanno e giù l’elenco infinito delle magagne.

In questi ormai 10 anni di Sindaco, ne ho avuto ben donde.

La listalunga, sterminata delle cose da fare; il rapido oblio di quelle realizzate ancorché lungamente agognate.  

Ma, ancor più, il paraocchi di chi circoscrive l’analisi al bisogno diretto, personale o di gruppo, l’indisponibilità ad andare oltre, a confrontarsi coi bisogni dell’altro.

Il bicchiere, insomma, sempre mezzo vuoto e paradossalmente una politica più propensa a specularne che a sforzarsi di riempirlo.

Certo, non è così per tutti, ma si tratta comunque di atteggiamenti diffusi, sintomatici dell’idea triste ed illusoria che ciò che conta alla fine è SOLO salvare noi stessi.

Andò così anche sul Titanic: la nave affondò, molti perirono, soprattutto tra coloro che stavano in terza classe. E chi si salvò fu perseguitato dagli incubi.

E’ allora troppo importante rimuovere le incrostazioni.

Privilegiare il merito e l’impegno, non le condizioni di partenza,la collocazione socialeereditata.

Non solo, lo ricordo spesso, per fondamentali ragioni di giustizia ma perchéla promozione dellepari opportunità consente di valorizzare le energie migliori E diventa COSI’ fattore di competitività.

L’equità, che tutti oggi reclamano, salvo poi declinarla in modo difforme, vuol dire soprattutto questo.

Ci dice dell’importanza dello stato sociale, non come assistenzialismo / panacea delle coscienze, ma come carburante ideale per IL futuro.

E per un presente che ci chiama a fare i conti con le diseguaglianze che aumentano, in Italia e anche a Pistoia.

Diseguaglianza uguale  ingiustizia, ma anche deficit competitivo, humus  per l’illegalità, per quella conflittualità aspra che ci circonda.

Possiamo davvero definire oggi l’Italia terra di pace, nonostante l’assenza dei nostri confini di guerre?

Sinceramente non credo: vedo troppa violenza, intolleranza, discriminazione, razzismo.

Siamo rimasti tutti scioccati dalla carneficina operata a Firenze, l’uccisione dei due cittadini senegalesi Samb Modou e Diop Mor ad opera di quel nostro cittadino, poi suicidatosi.

Ma possiamo davvero meravigliarci di episodi di questo tipo?

Possiamo davvero catalogarli come episodi di ordinaria follia o dobbiamo invece riflettere sulle radici politiche e sociali di crimini come questi?

Quando vediamo non solo i reietti, i disperati e gli ignoranti, farsi preda del fanatismo e dell’intolleranza.

Quando vediamo resuscitare i fantasmi di ideologie deliranti, superate e sconfitte dalla storia.

Quando sentiamo trasudare egoismo ed ignoranza, amalgama ideale per il totalitarismo e l’integralismo.

La popolazione pistoiese in questi anni si è accresciuta nei numeri e nei colori: siamo più di novantamila e quasi il 10% è composto di cittadini stranieri.

Stranieri ma pistoiesi, cittadini del mondo e di una città che vuole essere aperta.

Considero pistoiesi i soldati della Caserma Marini e mi è sembrato doveroso proclamare il lutto cittadino in occasione dell’uccisione in Afghanistan del caporale David Tobini e conferire il massimo riconoscimento della città ai due commilitoni feriti.

E così, allo stesso modo, sono orgoglioso dello sforzo corale che in questi anni  abbiamo prodotto PER favorire l’inclusione sociale di chi è venuto a vivere a Pistoia, nel reclamarne i diritti civili, a partire dal voto e dal diritto di cittadinanza per i bambini nati in Italia.

Uno sforzo che presumo dovrà non solo proseguire ma intensificarsi, tenuto conto  chela situazione ele prospettive economiche potranno da un lato accrescerela conflittualità sociale, dall’altro ridurre le risorse per l’iniziativa pubblica.

C’è anzi il rischio chela spesa pubblicavenga considerata un male in sé e che quindi non si distinguala spesa buonada quella cattiva, non si persegua soltanto l’obiettivo di una sua maggiore efficacia ed efficienza, della giusta eliminazione di sprechi e duplicazioni

Ma se ne ritenga virtuosala riduzione, quasi a prescindere dalle conseguenze e dai già accennati contraccolpi negativi sui principi di equità e sulla ripresa dello sviluppo.

Un rischio che occorrerà pertanto contrastare, non aggrappati alla conservazione dell’esistente ma attraverso politiche coraggiose e plurali e scegliendo senza esitazionila strada dell’innovazione di cui, come detto, questo edifico vuole essere simbolo ed occasione.

L’attenzione al passato non come ancora ma come strumento di crescita consapevole.

E’ stata in fondo questala cifradell’impegno accanito di questi anni a servizio della città, senza arretrare sugli obiettivi di fondo anche quando ciò diventava terreno di scontro.

Nonla politicadell’opportunismo ma quella della concretezza.

Nonla politicachespartisce ma quella che governa, che lo fa fino in fondo.

Nell’anno che viene ci saranno altre importanti novità.

Sarà concluso il nuovo ospedale, il quartiere S.Giorgio sostituirà le vecchie Breda, con questo edificio, le nuove sedi di Prefettura, Questura e Polizia Stradale, il grande albergo – centro congressi, il parcheggio in struttura.

Portanuova diventerà  così l’accesso principale al quartiere e collegherà direttamente la città attraverso via Pacinotti.

Il centro storico svilupperàla sua riqualificazioneconla galleria nazionale, gli interventi al palazzo Fabroni, la riapertura dell’albergo popolare,la ripavimentazione dellesue strade.

La viabilità migliorerà conla conclusione deilavori al Fagiolo, sulla tangenziale sud e in porta S.Marco.

Avanzerà ancora il contratto di quartiere delle Fornaci, conla nuova piazza, gli alloggi e i servizi, l’avvio dei lavori per il completamento del polo scolastico.

Si conclude un ciclo che ha vistola città trasformarsi, sotto tanti punti di vista ma in particolare accrescendola sua dotazionefunzionale e acquistando un’immagine più forte in Toscana, attraendo sempre più visitatori e turisti.

Una città, insomma, che ha abbassato il ponte levatoio.

Mi auguro che questo percorso sia sviluppato e difeso dagli slogan facili ed abusati che sempre più spesso caratterizzano le campagne preelettorali.

Mi auguro meno spot e più sostanza.

Meno massimalismo e più concretezza, coerenza tra ciò che oggi si dice e domani si potrà fare davvero.

Lo auguro a tutti voi e in particolare a chi nel corso dell’anno mi subentrerà nel ruolo di Sindaco, cui dedico l’augurio speciale di poter contare su una città sempre più accogliente ed aperta.

Una città che sia finalmente capace di emanciparsi dalla sua radicata zavorra di divisioni e fazioni, che recuperi invecela memoria deipropri valori fondanti, di democrazia e di partecipazione, per attualizzarli e proiettarli nel presente.

Una città che non sia perciò gelosa custode di un’identità immobile, mummificata, ma invece propensa alla sua costruzione continua, attingendo al giacimento prezioso delle diversità.

E’ su queste basi che, anche a nome della Giunta e del Presidente del Consiglio Comunale, vi auguro un buon Natale ed un sereno 2012.

Come avete capito non il white christmas dei visi pallidi, infelicemente proposto in altre città d’italia, ma un Natale bello proprio perché multicolore, arricchito dei contributi delle culture e delle storie delle persone che hanno scelto Pistoia come luogo di libertà, di dignità e di speranza.

Per abitarvi o lavorarvi, perla qualità delsuo ambiente e della sua vita di relazione, perla sua bellezza, perla sua ricchezzae generosità sociale.  Per la sua capacità di recuperare fiducia anche nei frangenti  più critici.

Un patrimonio del quale, credetemi, dovremmo essere tutti quanti più orgogliosi.

Buon Natale. Buon 2012.  

 

Scambiamoci gli auguri alla “Cattedrale”

Quest’anno i tradizionali auguri alla città, in programma venerdì 23 dicembre alle 12, avranno un palcoscenico differente dagli anni scorsi: l’edificio denominato “Cattedrale” nelle aree ex Breda. Si tratta di un contesto inedito, scelto in quanto ponte tra passato, presente e futuro. La Cattedrale rappresenta un luogo dai molteplici significati per la città: è simbolo di innovazione ancorata alla tradizione, di comunità e partecipazione, di riconversione e riqualificazione.

Com’era:

Come sarà:

Lettera al Presidente Napolitano: “ciò che accade a Lampedusa riguarda tutti noi”

Nei giorni scorsi si è svolta un’importante iniziativa, “A Lampedusa: piccoli migranti crescono da soli”,  che ha ricevuto una grande  adesione da parte delle famiglie pistoiesi, dal mondo della cultura e della società civile.

Ho deciso di inviare una breve lettera al Presidente Napolitano in quanto garante della nostra Carta Costituzionale, che tutela principi e valori in cui crediamo fermamente, che ci fanno dire che ciò che accade a Lampedusa riguarda tutti noi e interpella le nostre coscienze.

 

 

INIZIATIVA SVOLTASI A PISTOIA LO SCORSO 14 DICEMBRE

Considerazioni sulle politiche di inclusione sociale degli stranieri

Non so quanto titolo abbia la consigliera Simionato a rappresentare la Lega Nord visto che siede sui banchi del consiglio comunale dopo essere stata eletta nelle fila di Forza Italia ed aver voltato gabbana strada facendo.

 

Ma se avesse questo titolo ne sarei felice, visto che in questi anni, come molti altri, ho interpretato la linea politica della Lega come palesemente discriminatoria nei confronti degli stranieri. La sua reazione stizzita ci dice invece che non è assolutamente così.

 

Altrimenti quale potrebbe essere il motivo di tutto questo can can di fronte a una mia considerazione palesemente ironica estrapolata da tutt’altro contesto?

So bene che a Treviso non “danno fuoco ai barboni”, ma intendevo dire che in quella città e in generale nelle altre a guida leghista non c’è di solito un atteggiamento molto accogliente nei confronti degli stranieri.

Dalla reazione di Simionato arguisco che evidentemente mi sbagliavo.

 

Mi scuso quindi, di aver frainteso il pensiero leghista come ostile al rapporto con gli immigrati.

 

Ma invito la Lega a vibrare la sua protesta anche nei confronti di Wikipedia dal cui sito dedicato a Giancarlo Gentili (già sindaco di Treviso dal 1994 al 2003 e ViceSindaco dal 2003 ad oggi) estrapolo:

Gentilini ha acquistato una certa fama per certe sue dichiarazioni xenofobe, omofobe, anti-meridionali e contro la dignità delle donne. Più volte queste dichiarazioni, note anche a livello internazionale, hanno provocato le reazioni degli avversari politicie del clero, ma anche richiami da esponenti della stessa Lega.

Le dichiarazioni xenofobe

Ha tra l’altro dichiarato:

« Io gli immigrati li schederei a uno a uno. Purtroppo la legge non lo consente. Errore: portano ogni tipo di malattia: tbc, aids, scabbia, epatite…»

In occasione della festa della Lega del 14 settembre 2008, Gentilini ha tenuto un comizio in cui ha affermato:

« Voglio la rivoluzione contro la magistratura. Ad applicare le leggi devono essere i giudici veneti. »

« Voglio la rivoluzione contro i campi dei nomadi e degli zingari. Io ne ho distrutti due a Treviso. E adesso non ce n’è più neanche uno. Voglio eliminare i bambini che vanno a rubare agli anziani. Se Maroni ha detto tolleranza zero, io voglio la tolleranza doppio zero. »

 

Fu riportata da alcuni organi di stampa una in particolare, in cui parlò di “perdigiorno extracomunitari”, dicendo che:

« Bisognerebbe vestirli da leprotti per fare pim pim pim col fucile»

Riguardo all’immigrazione clandestina dichiarò:

« Bisogna sparare sui gommoni e sulle carrette del mare, logicamente non quando sono ancora piene di clandestini, ma sugli scafisti, anche con un colpo di bazooka, i gommoni vanno distrutti, perché, a un certo punto, bisogna puntare ad altezza d’uomo. »

La polemica non ha risparmiato nemmeno gli animali; nel maggio 2008, in occasione della presentazione delle unità cinofile del Corpo Forestale in piazza dei Signori a Treviso, ha così difeso gli esemplari di “razza padana”:

« Questi sì che vanno bene, sono gli animali dei nostri progenitori. Dobbiamo dire no, invece, a quei cani stranieri che non sono rispettosi dell’ecoflora nostrana e del nostro ambiente. »

Si è dichiarato “disposto a tornare ai vagoni piombati” per gli immigrati clandestini.

Le dichiarazioni omofobe

« darò immediatamente disposizioni alla mia comandante (dei vigili urbani) affinché faccia pulizia etnica dei culattoni, i culattoni devono andare in altri capoluoghi di regione che sono disposti ad accoglierli. Qui a Treviso non c’è nessuna possibilità per culattoni o simili »

Ha poi aggiunto, dopo le numerose critiche e prese di posizioni a proposito:

« Io non ho nulla contro i gay, le prostitute, le lesbiche: ognuno è arbitro del proprio corpo. Non tollero però che queste esibizioni amorose, o altro, avvengano nella provincia di Treviso. Pulizia etnica quindi significa tabula rasa»

La procura di Venezia ha aperto un fascicolo su Gentilini a seguito di alcune dichiarazioni fatte alla festa della Lega Nord a Venezia, il 14 settembre 2008 con l’ipotesi di reato di istigazione all’odio razziale per frasi rivolte verso i frequentatori musulmani di phone center e verso gli insegnanti «neri, marroni o grigi». Inoltre ha affermato di non volere «più vedere queste genìe che girano per le strade di giorno e di notte» e di volere «eliminare i bambini dei zingari che rubano dai nostri anziani»

Il 26 ottobre 2009 Gentilini è stato condannato con rito abbreviato dal Tribunale di Venezia a non poter sostenere pubblici comizi per 3 anni e al pagamento di 4.000 euro di multa. La difesa ha preannunciato ricorso in appello.

Ma, come detto, ci siamo tutti sbagliati (Wikipedia compreso) e, ripeto, la cosa mi fa piacere, perché sono sicuro che in un momento come questo, nel quale l’humus dell’intolleranza e del razzismo diventa così fertile da costituire spunto per le peggiori nefandezze, la Lega/Forza Italia targata Simionato non mancherà di sostenere le politiche sull’inclusione sociale degli stranieri portate orgogliosamente avanti dalla nostra Amministrazione comunale.